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La Cina è stata la prima nazione in Asia a sviluppare uno stato stabile e centralizzato, con la creazione dell’impero cinese nel 221 a.C., l’organizzazione statale è durata poi, nonostante il succedersi di molte dinastie, fino al 1911 d.C., quando le superpotenze occidentali colonizzarono parzialmente il territorio.
L’incredibile longevità dell’impero cinese e il suo prestigio nei i secoli è conseguenza di un complesso sistema ideologico, basato sulla tradizione confuciana, che indica il valore superiore della cultura cinese e dove l’imperatore ricopre un ruolo centrale, sia in termini cosmologici che politici (perché l’ordine universale e celeste si riflette sull’ordine terreno), con i cosiddetti “riti” al centro di questo sistema, considerati come massima espressione delle regole sociali.
Questa situazione ha portato a una visione personalistica delle leggi, che variavano a seconda dello status sociale di una persona; il che ha contribuito a creare frammentazione e disomogeneità all’interno dello stato Cinese, dando vita ad una situazione in cui le autorità con il potere di risolvere controversie e dispute tra gli abitanti dei villaggi sono diventate, da 2000 anni a questa parte, il capo-villaggio oppure il patriarca della famiglia: queste due figure hanno mantenuto nel tempo il vero potere giudiziario in Cina.
Dal XIX secolo fino alla II Guerra Mondiale, il pacifico impero Cinese soffrì, per via dei cosiddetti “Trattati Ineguali”, l’invasione delle potenze Occidentali, che presero il controllo di regioni e città del Celeste Impero. Questi piccoli centri, progressivamente occidentalizzati, si sono sviluppati rapidamente, seguendo il modello socio-economico Occidentale, mentre le regioni ritenute “maggiori” sono rimaste quasi completamente rurali.
Questa differenza tra zone di sviluppo ha portato alla creazione di aree geograficamente non omogenee, specialmente in campo economico e commerciale. Inoltre, durante gli anni 80, con la politica dell’ “open door”, avviata da Deng Xiaoping, il sistema di investimenti stranieri e scambi internazionali si è via via evoluto, con la creazione di SAR (Special Administrative Regions), Open Cities (Città Aperte), Economic and Technologic Development Areas (aree di sviluppo economico e tecnologico) etc. In questa situazione, il corpus di regole burocratiche era l’unica forma di regolamentazione della vita sociale, mentre le leggi scritte e giurisprudenziali erano considerate di secondaria importanza.
Nel campo del commercio internazionale, la Cina ha iniziato a muovere i suoi primi passi durante la guerra civile tra il partito nazionalista (guidato da Jiang Jieshi) contro il partito comunista, (con Mao Zedong come leader), che è durata dal 1927 al 1949.
Nel 1947, infatti, il governo Cinese nazionalista ha partecipato alla creazione del GATT (General Agreement on Tariffs and Trade – Accordo generale sulle tariffe ed in commercio), ma nel 1949, dopo la fine della guerra civile con la vittoria del partito comunista e la fuga dei nazionalisti (più di due milioni di persone) a Taiwan, il governo di Taipei ha deciso, nel 1950, di lasciare il GATT, agendo come se stesse rappresentando l’intera popolazione Cinese, sia la maggioranza del continente che l’isola. Dall’altro lato, il governo comunista del continente non contraddisse o contestò mai la decisione presa da Taiwan per ben 40 anni, fino a quando non decise di diventare parte del WTO, richiedendo, con successo, il riconoscimento dello status di membro originale del GATT per la Repubblica Popolare Cinese.
Un altro importante accordo commerciale stipulato dalla Cina, emesso nel 1988, era il cosiddetto “AGREEMENT REGARDING INTERNATIONAL TRADE IN TEXTILE” riguardante la gestione dell’export del tessile, stipulata per completare le obbligazioni cinesi nei confronti dei membri del WTO come “non contracting party” del GATT, seguendo il principio della Most Favoured Nation (MFN), infatti il documento afferma che:
“La Cina è una nazione che produce lana. Tuttavia, […] la produzione interna non è ancora in grado di soddisfare la tutta richiesta del mercato.
[…] Al fine di diversificare e prevenire una cieca importazione di prodotti ed anche per rendere maggiormente profittevoli gli scambi con paesi stranieri, la Cina, dal 20 Settembre 1986 inizierà ad applicare il sistema di licenze di importazione sulla lana. Il sistema di licenze di importazione applicato in Cina è indiscriminatorio.”
La lunga strada che ha condotto la Cina al WTO è iniziata quindi nel 1986; in quell’anno, la nazione ha fatto, per la prima volta, richiesta di essere inclusa nel GATT, tuttavia questo processo lento ma inesorabile venne interrotto nell’Aprile 1989 quando, durante I funerali di Hu Yaobang, un politico dell’area moderata del PCC, molti studenti iniziarono a protestare contro la mancanza di democrazia interna al regime, continuando con scioperi della fame e plausi per Gorbacëv.
Le proteste continuarono fino al 16 e 17 Maggio, quando intervenne l’esercito, sparando sulla folla disarmata.
Questa azione causò una condanna morale da parte dell’intera comunità internazionale, anche tra gli stati membri del WTO.
Il XII Congresso del Partito del 1992, per tutta risposta, riaffermò la necessità di rigore politico ed il ruolo di guida del partito, escludendo ogni forma di dissidenza e di liberalizzazione, sottolineando la necessità di riforme economiche da implementarsi con metodi capitalisti sotto il controllo del PCC, per ottenere una “economia socialista di mercato”.
Nonostante queste contraddizioni, nel 2001 la Cina è entrata nel WTO, impegnandosi a rispettare le regole del commercio internazionale sviluppando il sistema giudiziario e focalizzandosi prevalentemente su: uniformità amministrativa, trasparenza, controllo giurisdizionale e non discriminazione e per abbassare, senza alcuna condizione, molte barriere al commercio contro diversi prodotti agricoli ed industriali, specialmente di provenienza Statunitense.
Clicca qui: per leggere e scaricare tutto il report sulla Cina e l’entrata nel WTO in inglese.
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