Ma andiamo per ordine: dell’opera di Tan Dun, personalmente (e quindi parere del tutto opinabile) non mi ha particolarmente affascinato l’opera in sé ma la ricerca dietro di essa, alla scoperta delle radici di una variante particolare del Cinese conosciuta come Xiangnan Tuhua (in Cinese 湘南土話, che letteralmente si potrebbe tradurre con “Tuhua del sud dello Hunan”) sviluppatasi nella Cina meridionale e scritta solo ed esclusivamente con un tipo di scrittura diversa dal Mandarino ufficiale, chiamata nüshu.
Tan Dun ha trascorso cinque anni studiando sul campo l’antichissima cultura e scrittura Nüshu (in Cinese 女书), creata dalle donne della contea di Jiangyong, nella provincia dello Hunan, per comunicare tra loro, sia verbalmente che per iscritto, ed i cui caratteri posseggono una bellezza elegante e raffinata. Dato che il Nüshu si discosta volutamente dalla scrittura comune Cinese, gli uomini non sanno leggerla, né viene loro insegnato come fare.
La cultura Nüshu vanta anche un proprio repertorio musicale, di norma tramandato di generazione in generazione, attraverso il quale le madri insegnano alle loro figlie come diventare madri a loro volta.
Attualmente la cultura e le tradizioni Nüshu stanno lentamente scomparendo e di cui gli unici custodi rimasti sono il popolo degli Yao, una minoranza etnica Cinese. Tan Dun ha cercato di esprimere la sua percezione di questa cultura e di come essa si relazioni al futuro, al tempo, al passato, alla memoria, all’arte ed alla filosofia. Attraverso il canto e la scrittura Nüshu, Tan Dun ha allestito un palco per la sua opera “Vivere nel futuro (musica visuale e performance dal vivo)”.
Xu Bing, presidente della “Central Academy of Fine Arts” di Pechino, partecipa invece al padiglione Cinese “Other Future” con due bellissime installazioni, che rappresentano due fenici in volo.
La fenice è un animale che viene rappresentato nella cultura Cinese da circa 7.000 anni, come dimostrano diversi reperti archeologici rinvenuti in Cina, e si dice che rappresenti la prosperità. Xu Bing decide di rappresentare quest’essere mitologico in due esemplari, che coglie in un momento in cui stanno fluttuando in volo. L’idea per questo progetto nacque nel 2008, quando a Xu Bing venne chiesto di creare una scultura per l’atrio del World Financial Center di Pechino.Durante un sopralluogo, l’artista venne scioccato dalle pessime condizioni di lavoro degli operai nel cantiere e decise di costruire due grandi sculture utilizzando proprio gli scarti del cantiere che era andato a visitare, nobilitando quindi i rifiuti e facendoli diventare arte. Così sono nate le due fenici arrivate alla Biennale di Venezia. La più grande è lunga circa 30 metri, vuole essere una fenice maschio e si chiama Feng, mentre la seconda misura 27 metri, vuole essere una fenice femmina e si chiama Huang.
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