La Legge sui marchi della Repubblica Popolare Cinese

[banner type=”images” align=”alignleft”]

Marca di telefonini Konka, una chiara imitazione della multinazionale finlandese Nokia -su cinesespresso
Marca di telefonini Konka, una chiara imitazione della multinazionale finlandese Nokia

La principale legge cinese sui marchi è la cosiddetta “Legge sui marchi della Repubblica Popolare Cinese” (中华人民共和国商标法 Zhonghua Renmin Gongheguo Shangbiaofa) conosciuta in Occidente anche come ‘Trademark Law of the People Republic of China’ del 1982 e successive riforme (rilevante è l’emendamento del 1993 che ha concesso anche ad aziende di servizi la possibilità di dotarsi di un proprio logo, marchio o segno di riconoscimento), composta da 64 Articoli, la quale riconosce la registrazione di un marchio presso l’ufficio marchi cinese (CTO – China Trademark Office) come l’unico atto che, in caso di infrazioni o violazioni dei medesimi, dà diritto alla persecuzione del reato sul territorio cinese.

La registrazione presso il CTO è inoltre necessaria dal fatto che in Cina vige il principio della priorità della registrazione, ovvero il soggetto che per primo registra un qualunque marchio nella RPC, ne è il legittimo proprietario.
La sede principale del CTO è a Pechino e si occupa di gestire la registrazione dei marchi, mentre diversi uffici a livello locale gestiscono controversie e violazioni.
La registrazione di un marchio presso il CTO ha validità 10 anni ed è rinnovabile per ulteriori 10 anni; un marchio può essere registrato sia in lettere latine sia in caratteri cinesi (ne è vivamente consigliata la traslitterazione fonetica e la traduzione) e ovviamente può anche essere registrato il segno o logo distintivo (definito nella Legge sui Marchi (Art.8) come ‘design’ e “3D mark” o “color combination“). La cancellazione di un marchio è prevista quando muore il titolare o la persona giuridica o se questo non viene utilizzato per almeno 3 anni.
La scelta del governo Cinese di concedere la proprietà marchi soltanto in base alla priorità della registrazione e non concedendo il diritto di preuso, come avviene in Italia, ha creato situazioni paradossali, con brand, come la già citata Lacoste, che hanno fatto estremi sforzi per entrare e poi differenziarsi nel mercato Cinese.
Altro esempio celebre, riportato anche dalle cronache nazionali alcuni anni fa è stato quello di Valentino, che essendo stato registrato in più di dieci differenti versioni simili tra loro in Cina non ha permesso alla celebre casa di moda italiana una facile espansione nella Repubblica Popolare Cinese.

Ti è piaciuto l’articolo? Per favore, clicca su “Mi piace” e condividilo su Facebook, Twitter o qualsiasi altro social network!

Pubblicato da cinesespresso

Amante della Cina e di tutto quello che la riguarda dal 2005.