Le nuove politiche di Xi Jinping e relative conseguenze

Il leader cinese Xi Jinping ospita il presidente filippino Bongbong Marcos in visita di stato a Pechino il 4 gennaio 2023. Fonte: un membro anonimo della Segreteria Ufficio Stampa, Public domain, via Wikimedia Commons.

Xi Jinping, il leader cinese, è totalmente in controllo della Cina, il paese che rappresenta in quanto capo di stato, rieletto per la terza volta consecutiva, capo dell’esercito, e capo dell’unico partito presente nel paese: il Partito Comunista Cinese (PCC).

Il rimpasto del Politburo

Come anticipato nel precedente post, a partire da ottobre 2022, Xi Jinping ha rimosso le ultime vestigia delle fazioni rivali dalle alte cariche del partito, preparando il più grande rimpasto da decenni e riempiendo il Politburo di suo leali sottoposti. Situazione che non si verificava dai tempi di Mao Zedong: una generazione di funzionari rispettati a livello internazionale ha dovuto (più o meno volontariamente) lasciare il posto a un gruppo di politici noti più per i loro forti legami con il presidente Xi Jinping, piuttosto che per le credenziali accademiche o la reputazione in madrepatria ed all’estero. Li Qiang, grande alleato di Xi Jinping, è diventato primo ministro. Lui è incaricato della gestione della seconda economia più grande del mondo. L’ex vice-premier Han Zheng è stato eletto vicepresidente e Zhao Leji, l’ex capo della massima commissione anticorruzione del partito, è diventato presidente del parlamento.

Nuovi alleati e nuove politiche

Discorsi recenti suggeriscono che Xi Jinping ed i suoi più stretti alleati avranno ancora più voce in capitolo sulla gestione dell’economia cinese e, delle imprese private.

Questo è anche un chiaro segnale al resto del mondo: le nuove politiche di Xi Jinping e dei suoi alleati prevedono l’allontanamento della Cina dall’economia socialista di mercato a caratteri Cinesi, per ritornare al buon vecchio modello di comunismo, letteralmente parlando. La principale minaccia, dal punto di vista dai paesi occidentali, è che gli uomini scelti dal presidente possano portare la Cina verso un maggiore intervento statale e verso l’isolamento internazionale, lontano dal percorso tracciato da una dinastia di politici favorevoli agli scambi internazionali ed al mercato dei capitali, che da allora sono rimasti al potere.

Riforme e mercato dei capitali

Il Congresso nazionale del popolo ha già approvato diverse riforme alle istituzioni governative. Tra esse, è inclusa una revisione del ministero della scienza e della tecnologia cinese di fronte a ciò che un deputato ha descritto come tentativi stranieri di “contenimento e soppressione” dell’ascesa del paese. Altre riforme includevano la formazione di un organismo di regolamentazione finanziaria e di un ufficio dati nazionale. Ciò incide anche sul mercato dei capitali. La situazione rende i titoli scambiati sul mercato cinese sempre meno appetibili. Per un motivo molto semplice: poca chiarezza in termini di certezza della proprietà. Quando si investe in un paese comunista, non è facile sentirsi sicuri dei propri diritti di proprietà. L’indizio che potrebbero esserci dei problemi è nel nome stesso della forma di governo.

Pubblicato da cinesespresso

Amante della Cina e di tutto quello che la riguarda dal 2005.