Il sociologo Siyang Cao, che ha studiato il fenomeno dei 屌 丝 diǎosī, li descrive come lavoratori a basso reddito, soprattutto operai, massaggiatori, camerieri, assistenti nei saloni di parrucchiere, eccetera, che sanno quanto sia difficile essere un uomo cinese tradizionale, l’uomo di casa, il capofamiglia.
La buffa origine del termine diǎosī
Il termine stesso, 屌 丝 diǎosī, ha iniziato a diffondersi implicando una certa connotazione comica e dispregiativa. Il suo significato letterale nel gergo cinse è infatti “pelo di pene” – ed è apparso per la prima volta in una disputa online tra due forum del provider Baidu Tieba nell’ottobre 2010.
I membri di un forum sono stati apostrofati con il termine 屌 “diǎo” (un’espressione offensiva per indicare il “pene”) ed hanno rilanciato, rispedendo l’offesa al mittente, coniando il termine 屌 丝 diǎosī e rivolgendolo ai membri del forum che li avevano insultati per primi, suggerendo – essendo stati identificati solo come dei “peli” – che erano inferiori. Invece di offendersi, i membri del secondo forum hanno incorporato il termine nel loro linguaggio e si sono identificati con esso.
Diǎosī diventa virale
Il neologismo ha poi riscontrato un enorme successo di pubblico ed il suo significato è andato via via espandendosi. Il termine ora si riferisce principalmente ad un giovane maschio dall’aspetto e dalla posizione sociale mediocri. Nato in una famiglia umile, non ha auto, casa né connessioni e ricopre una posizione lavorativa senza possibilità di carriera, ha poche prospettive, non è in grado di permettersi dei lussi a meno che non spenda più di quanto possa permettersi. Solitamente il diǎosī non ha istruzione universitaria, spesso vive con i genitori ed è un emarginato dalla maggior parte della società. Il suo tempo è principalmente dedicato al computer, in particolare ai giochi online. I programmatori e gli operatori del settore dei media hanno la più alta percentuale di diǎosī auto-dichiarati.
I mutamenti del significato del termine in corso
Il neologismo è indubbiamente nato come insulto ironico, eppure, quando è diventato virale su Internet, i giovani netizens cinesi di ogni provenienza (indipendentemente dal sesso) hanno iniziato ad abbracciarlo, in un classico esempio di un gruppo ai margini della società che rivendica un termine dispregiativo come proprio.
“Diǎosī” si sta infatti lentamente trasformando in un tratto descrittivo del comune cittadino cinese che affronta lotte e difficoltà quotidiane.
Un sondaggio realizzato dalla società di gioco cinese Giant, nell’aprile 2013, afferma che circa 529 milioni di giovani (quasi il 40% della popolazione totale della Cina) in tutto il paese ora abbraccia il termine “diǎosī”.
Sebbene “diǎosī” sia spesso tradotto come “perdente” oppure “sfigato”, questo sostantivo sta diventando sempre meno adatto. “Perdente” rimane un termine indiscutibilmente negativo, personale nella sua lesione, mentre il diǎosī è un vero meme: dinamico, complesso e attuale, culturale e tribale piuttosto che personale. Ma sotto la giocosa parodia c’è il dolore. Questo modo di vedere sé stessi all’interno della società in cui si vive è essenzialmente negativo, perché implica una sorta di impotenza appresa.
Ti è piaciuto questo articolo di cinesespresso? Per favore, clicca su “Mi piace”, e condividilo sui social networks!